Come le streghe del Macbeth, i bambini annunciano che “brutto è il bello e bello il brutto” per proclamare con un gioco di parole la profonda ambiguità del reale e la disposizione infantile a ribaltare le identità e a renderne labili i confini.
Usata come titolo del libro, la frase fa capire ciò di cui ci si occupa nel Fare storie e ciò su cui si ragiona: “il pensiero mitico”, le sue stratificazioni e articolazioni e, soprattutto, l’incidenza che esso ha sui disturbi del pensare dovuti all’eccessiva interferenza degli affetti.